Non pagare l’assegno di mantenimento a moglie e figli può costare caro


Una recente pronuncia della Corte di Cassazione fa chiarezza sulle conseguenze del mancato versamento dell’assegno di mantenimento stabilito in sede di separazione.
Il padre separato o divorziato che non paga il mantenimento stabilito dal giudice, alla moglie e/o ai figli, può andare incontro a conseguenze molto serie: questo tipo di comportamento infatti può costituire reato e dare luogo a un vero e proprio processo penale.

Tuttavia, fino a qualche tempo fa nelle aule di tribunale si discuteva se il mancato versamento dell’assegno mensile potesse far scattare, da solo, la condanna penale.
Ma procediamo con ordine e partiamo dalla lettura delle norme di riferimento, che nel nostro caso sono due: l’art. 570 del c.p. e l’art. 570 bis del c.p..
L’art. 570 c.p. punisce la violazione degli obblighi di assistenza familiare. Tra i comportamenti sanzionati dalla norma c’è, appunto, il far mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti minorenni, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge (che non abbia però l’addebito della separazione).
La pena prevista è la reclusione fino a un anno e la multa da euro 103 a euro 1.032.
L’art. 570-bis del c.p., introdotto nel 2018, stabilisce che “le pene previste dall’articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli”.
Ebbene, il dubbio che si poneva era proprio questo: se c’è un provvedimento del giudice che stabilisce un assegno per il mantenimento del coniuge e/o dei figli, il mancato pagamento di tale assegno è sufficiente per applicare l’art. 570-bis, o è necessario comunque dimostrare che si sono fatti mancare i mezzi di sussistenza?
Proprio su questo punto era incentrata la difesa dell’imputato, nella recente sentenza della Corte di Cassazione penale che stiamo per esaminare.
Si tratta, precisamente, della sentenza n. 2098/2024 del 17 gennaio 2024, depositata il 13 marzo 2024.
Vediamo in particolare i fatti oggetto del processo.
Un uomo era stato condannato sulla base proprio dell’art. 570-bis, in quanto non aveva pagato per quattro mesi l’assegno di mantenimento stabilito dal Tribunale civile in favore della moglie e del figlio, oltre che per non aver versato la propria quota del 50% di spese extra.

L’uomo ricorreva allora in cassazione.
Secondo la tesi difensiva sostenuta dai suoi avvocati, egli non poteva essere condannato ai sensi dell’art. 570-bis, proprio perché aveva violato solo degli obblighi civilistici di versamento dell’assegno di mantenimento, ma non aveva fatto mancare i mezzi di sussistenza alla moglie e al figlio, così come previsto dall’art. 570 c.p.
La Cassazione però gli ha dato torto. Vediamo perché.
La Suprema Corte, innanzitutto, ha spiegato che l’art. 570-bis ha in sostanza unificato la disciplina di legge in materia di separazione e di divorzio. Infatti proprio la Legge sul divorzio prevedeva come reato il mancato versamento dell’assegno: con l’art. 570-bis, separazione e divorzio sono stati equiparati sotto questo profilo.
Pertanto, la Corte ha precisato che l’art. 570-bis cod. pen. punisce gli inadempimenti degli obblighi economici stabiliti nel procedimento di separazione dei coniugi, e ciò sia che si tratti di provvedimenti in favore dei figli, sia di misure a favore della moglie (o del marito).
Infatti – come osservano gli Ermellini – la norma in questione non fa alcuna distinzione tra beneficiari dell’assegno, ai fini della sussistenza del reato.

Peraltro, nel caso di cui ci occupiamo la Cassazione ha respinto anche un ulteriore motivo di impugnazione formulato dall’imputato, quello riguardante una presunta impossibilità dell’uomo di far fronte al pagamento dell’assegno.
Secondo la Cassazione, infatti, la valutazione della possibilità o meno di adempiere agli obblighi stabiliti in sede di separazione va fatta caso per caso, valutando tutte le circostanze. In proposito, la Cassazione ha ritenuto corretta la valutazione fatta in questo senso dalla Corte di Appello, e ha chiarito che occorre accertare se il soggetto tenuto a pagare l’assegno “abbia effettivamente la possibilità di assolvere ai propri obblighi senza rinunciare a condizioni di dignitosa sopravvivenza”.

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